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Volkswagen I 303 (Maggiolone)



Terminata la guerra, gli edifici di Wolfsburg erano quasi completamente distrutti dai bombardamenti e i macchinari superstiti, trasferiti in decine di cantine e autorimesse private. Gli alleati pensarono di completare la demolizione, ma il salvataggio dell'azienda venne proposto da Ivan Hirst, un ufficiale inglese, ingegnere meccanico e particolarmente esperto di automobili, che ipotizzò di rimettere in funzione la fabbrica allo scopo di costruire automezzi per l'esercito britannico. L'ipotesi di Hirst venne in seguito abbandonata, ma il suo piano fu al momento approvato dalle autorità inglesi, a patto che egli sovrintendesse personalmente all'opera di ricostruzione ed avviamento della produzione, impiegando la manodopera esistente. Tale manodopera era principalmente costituita da prigionieri francesipolacchi e russi, oltre che da italiani e francesi deportati in Germania dalla Repubblica di Salò e dal Regime di Vichy.

I lavori di ricostruzione muraria, affidati agli operai italiani, furono terminati negli ultimi mesi del 1945 e, dopo una veloce sistemazione delle infrastrutture, la produzione riprese tra mille difficoltà, riuscendo in breve tempo a stabilizzarsi sul migliaio di maggiolini al mese. Questo era il break even point produttivo: al di sotto delle 1000 unità lo stabilimento sarebbe stato inefficiente e quindi chiuso. Per raggiungere l'obiettivo di produzione, Ivan Hirst si avvalse di Richard Berrymore: ex ufficiale della RAF, si era fatto una grande esperienza nella produzione di massa, lavorando per la General Motors prima della guerra. Lo stabilimento fu salvato dalla chiusura, producendo 1003 unità nel marzo 1946, per arrivare a 10020 unità a fine anno. Le vetture prodotte nel 1946 e 1947 vennero destinate esclusivamente ai militari alleati. Fino al 1948 viene prodotto il solo modello [Typ 1/111] Standard.

Riavviata l'azienda e venuto il tempo di far ritorno in patria, il maggiore Hirst dovette scegliere un direttore tedesco per la nuova Volkswagen; un compito non facile visto che la quasi totalità dei manager tedeschi era compromessa con il passato regime nazista. La scelta cadde su Heinz Nordoff che, prese le redini aziendali il 1º gennaio 1948, seppe magistralmente proseguire l'opera di Hirst, portando al giusto regime il ritmo produttivo, fino a vendere, nel 1949, quasi cinquantamila esemplari. Un progresso che si arrestò solo negli anni settanta.

Nel frattempo l'ingegnere Ferdinand Porsche, accusato nel 1947 di crimini di guerra e arrestato in Francia, venne liberato. Morì il 30 gennaio del 1951, lasciando a suo figlio Ferdinand "Ferry" Porsche la guida della sua casa automobilistica appena fondata. Pare che, una volta tornato in Germania, si commosse vedendo quanti "suoi" Maggiolini giravano per le strade. Poiché a Porsche si deve la nascita del Maggiolino, la sua casa automobilistica ottenne una royalty di 5 DM per ogni esemplare di Maggiolino venduto, in cambio della promessa di non commercializzare mai un'automobile concorrente.

   


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© david marconi 2015